08 gennaio 2012

La mia dispensa è a vostra disposizione.

Giro Batoë era uno dei più intrepidi tigrotti di Mompracem, che aveva fatto parte della disgraziata spedizione sulle coste di Labuan. Sandokan, se ben si ricordava, lo aveva veduto cadere ferito ai suoi piedi e poi precipitare in acqua nella disunione dei due prahos.
Come trovavasi lì, era difficile saperlo. Senza dubbio era stato raccolto da qualcuno o aveva nuotando raggiunta la costa.
- Ecco un brav'uomo che bisogna salvare - mormorò Sandokan e senza esitar più si rizzò uscendo a metà dai cespugli, nel mentre che il Malese sorpreso dalla vicinanza del soldato, che aveva tutte le ragioni per crederlo un Indiano lanciato dietro le sue traccie, si aggomitolava su sé stesso per rendersi meno visibile.
Il cavaliere che andava e veniva bestemmiando vide subito Sandokan.
- Tò! un soldato! - esclamò il cavaliere guardandolo come un uomo che non crede ai propri occhi.
- Cercate un babirussa, che frugate tutti i cespugli dei dintorni? - domandò Sandokan. - Non è il momento questo, amico mio, bisogna aspettare la notte, e una notte magnifica, se lo si vuol trovare.
- Il babirussa! È un animale ben peggiore quello che io vado cercando, una vera tigre con denti e artigli capaci di spacciarci entrambi prima di prendere le armi. Non cacciate voi forse il pirata di Mompracem? (...)
La capanna di Giro Batoë si rizzava a poca distanza dalle rive di un ruscello, al coperto di un grande artocarpo che la proteggeva contro i raggi cocenti del sole e contro le pioggie. Era una baracca anziché un'abitazione, capace di ricoverare tutt'al più un indigeno che non sapesse procurarsi di meglio nel mezzo della foresta. Era bassa quanto mai, stretta tanto da potervisi appena muovere, costretta grossolanamente con rami intrecciati a erbe e col tetto terminante a cupola, mal formato, coperto di foglie d'arecche, una mezza dozzina delle quali erano state più che sufficienti a tale uopo.
L'interno non valeva meglio dell'esterno, tutto riducendosi a un letto di foglie secche, a una provvista di legna, a una scodella gigantesca di terra cotta, frutto dell'industria indigena e a due sassi mezzi sepolti nella cenere che servivano di camino. Non si poteva star comodi, ma a ogni modo offriva un rifugio e una difesa contro i venti e gli abitanti troppo pericolosi della foresta.
Giro Batoë, nell'entrare, fece fuggire un mondo d'insetti che avevano di già preso alloggio, e fece gli onori della capanna al capitano che non pareva malcontento di prendere un po' di riposo e di satollarsi.
- Vedete capitano la mia abitazione non offre comodi di sorta, ma è sempre preferibile alle abitazioni degli indigeni che puzzano d'olio di pesce e di carne corrotta. Se volete dormire avete un letto che sarà forse migliore di quello che offre la foresta; se avete sete vi ha una scodella sempre ripiena di acqua limpida; se avete fame vi sono delle frutta e una dozzina di costolette di babirussa giovane che ho avuto la fortuna di sorprendere nel suo covo.
- Non domando di più, Giro Batoë; è anche troppo quando si ha fame e si sa di avere dei bracchi a due gambe alle calcagna. Accendi un po' di fuoco e arrostisci un pezzo di carne.
- Non avrete d'aspettare che si cucini, capitano, e frattanto sbarazzatemi, se vi piace, un po' di quelle frutta che occupano mezza abitazione. Troverete degli ananassi succolenti, delle patate che non avete mai gustato a Mompracem, delle frutta d'artocarpo d'inverosimile grossezza e delle noci di arecche che non domandano che di essere masticate. La mia dispensa è a vostra disposizione.
*
da Emilio Salgari, La tigre della Malesia, 1884-86
(elaborazione grafica da materiali d'archivio di Nora letterpress; foto delle bimbe anni cinquanta posted by Krisatomic)
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