16 settembre 2011

pesci-cani?































Marianna dei conti Guillonk era nata sotto il bel cielo d'Italia da padre inglese e da madre napoletana. Perduti ancor fanciullina i genitori, ed erede di una cospicua sostanza, era stata raccolta da lord James suo zio, uno dei più intrepidi lupi di mare della flotta britannica, un vero marinaio d'antica schiatta, ruvido, quasi direi brutale, incapace di provare affezione per chicchessia e quindi incapace di provare affezione per l'orfana.
Questo lupo di mare, imbarazzato di trovarsi fra le braccia una nepote, e non fidandosi d'altra parte d'abbandonarla a mani straniere, per nulla disposto allora a piantar radici in terra, l'aveva per così dire rapita dalle spiaggie napoletane portandola seco sui mari. Per più di sei anni l'aveva abituata alla dura vita marinaresca, per più di sei anni l'avea menata a ramingar pel mondo da un porto all'altro, da un'isola a un'altra, da un continente a un altro, fino a che un bel dì, per un inesplicabil capriccio, si era fermato a Labuan dove aveva piantato casa.
Una volta collocata la fanciulla, datale per compagna una napoletana, l'aveva abbandonata completamente a sé stessa, affaccendandosi a cacciare da mane a sera nelle foreste dell'isola o a tentare spedizioni contro i pirati che si era giurato di sterminare.
Mai che il lupo avesse rivolto una dolce parola all'orfana, mai che avesse dimostrato per lei qualche affetto. Si contentava di non contrariare i gusti di lei, pur sempre tenendola in certo qual modo prigioniera fra quelle foreste, come fosse geloso che le fuggisse.
Marianna a tal modo era cresciuta come una specie di selvaggia fra quei boschi, segregata dal mondo civile, contraccambiando, nel fondo dell'anima, l'indifferenza del rozzo lupo di mare.
Si era rinchiusa in quel piccolo mondo cinto d'alberi e recinto di fiori che coltivava con passione, e benché avesse per lungo tempo rimpianto le pittoresche rive del Tirreno, aveva finito a poco a poco coll'abituarsi a quella vita austera, ma che non mancava di poesia, coltivandosi da sé, in una maniera tutta sua.
Amava circondarsi di fiori perché in certo qual modo le rammentavano quelli della sua patria, amava l'immensità perché sapeva trovarvi la poesia del suo paese, amava il mare perché le ricordava quello delle spiaggie napoletane, amava la musica perché le sembrava la voce dei suoi compatrioti. Era cresciuta coraggiosa ed energica quanto dolce e sensibile. Scorrazzava intrepida, quale Diana cacciatrice, le foreste, affrontando arditamente il cignale, sfidando la tigre stessa che ritiravasi dinanzi la canna dell'infallibile sua carabina, inseguendo leggera come un capriolo il babirussa. Attraversava da sola tutte le foreste, senza temere il selvaggio imboscato, pel solo scopo di spingersi fino al mare per vederlo calmo o irritato e gorgheggiare sulle sue rive al tramontar del sole, o per destare gli echi dei boschi col dolce suono della chitarra o della mandola, o per guizzare come una naiade nelle baie, per nulla impaurita della presenza dei pesci-cani.

presenza dei pesci-cani.


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da Emilio Salgari, Le Tigri di Mompracem, 1900
(immagine: elaborazione da foto di John French)
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